martedì 4 maggio 2010

mi ricordo Beirut...


Il fumetto di Zeina Abirached edito da Becco Giallo profuma di succo di melograno, di lavash, e di samovar.
Già dalla copertina pregusto un tratto corposo la cui spigolosità rievoca le strisce della Satrapi, un'altra nota icona femminile delle graphic novel d'oggi.
Apro il fumetto con delicatezza in modo che non si formi quel solco antiestetico sul dorso del libro.
I personaggi sono bianchi e immersi nel nero di pece delle pagine. Faccio scorrere il dito indice sulla carta in modo che il polpastrello raccolga come carta assorbente i pigmenti acromatici di quel nero asfissiante. Le vignette scure sono opprimenti: c'è un nero invadente che tutto compenetra e riempie. Un nero ridondante troppo carico e opulento. C'è puzza di sgabuzzino chiuso. La pagine robuste, troppo spesse lanciano un' (a)sonorità confusa, mista a cacofonia sorda, quasi impercettibile. Sento voci echeggiare nella Beirut degli anni zero, coperte dal nero.
Urlano le bombe ma Beirut no. Fuga, esodo, rimorso...uno zaino sempre pronto.
I ricordi.
Qualche giorno fa lessi un articolo sull'importanza della lettura. Il giornalista diceva che grazie ai libri e ai fumetti possiamo viaggiare senza muoverci di un millimetro dalla nostra poltrona, conoscere personaggi indimenticabili, immergerci in situazioni surreali.
Leggendo..l' impossibile diventa accessibile: basta volare su aerei di carta immaginari.
Ecco cosa si prova a leggere "Mi ricordo Beirut".