sabato 24 aprile 2010

Siamo appesi di spalle al filo del bucato. La molletta non tiene. Il filo cede: è questione di rallentare la caduta.


Sprofondare è ciò che voglio. Metto la testa sul cuscino. Gioco con l’immaginazione. Sarà la forza di gravità, saranno le leggi intransigenti di questo mondo troppo concreto ma non riesco ad annegare nella piuma del materasso. Premo contro la superficie delle coperte ma non si apre un nuovo mondo sotto il mio corpo. Non c’è nulla, niente più che l’evidenza. Ci sbatto contro e fa male.
Allora prendo in mano la fantasia, provo a sognare un sentiero sterrato su cui correre senza tenere i freni premuti ma rimango delusa. A pugni stretti mi picchio le tempie: non riesco a sognare.
Tento di saltare, magari sopra le nuvole si riesce a respirare meglio, magari oltre l’etere l’orizzonte visibile non si arresta in corrispondenza di un solo passo di formica.
Ci provo: ho perso anche la capacità di darmi il giusto slancio.
Cosa fare...

Ho la testa pesante, vuota, sgombra, ma pesante.
Non ho pensieri. Ho la testa pesante. Non ho sogni. Ho la testa pesante.
Ho molto sonno. L’unica cosa che posso fare per ammazzare il tempo è accasciarmi sul letto inerme sperando che il risveglio non avvenga troppo presto: devo prendermi dell’altro tempo ancora.
Quanto durerà? Quanto durerò?
Non mi sento più. Strillo e mi sento distante.
Finirò per vedermi trasparente perché mi sto consumando…Qualcuno alla fine mi laverà via con del sapone e un getto d’acqua e non mi ribellerò, non mi aggrapperò alle pareti della stanza. Non graffierò il pavimento prima di scivolarmene via. Ti guarderò solo per un istante per poi ritirare i miei occhi pieni di vergogna.
E per me non ci sarà un’altra volta…..Ed è giusto che sia così.

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